sabato 13 febbraio 2021
Alla radice della riforma liturgica di Paolo VI, introdotta nel 1964, c'era la volontà di favorire la partecipazione conscia, actuosa et facilis – consapevole, attiva e facile – dei fedeli alla liturgia. Per chi è abbastanza grande da ricordarsi come fosse prima, il cambiamento fu una rivoluzione assoluta. Con il popolo che diventava protagonista e non solo "spettatore" del rito, di cui molte volte non capiva neppure il significato di formule e risposte a malapena imparate a memoria, spesso in maniera sbagliata. Una rivoluzione che incontrò molte resistenze e sollevò altrettante polemiche, ancora oggi non sopite, così come incontenibili entusiasmi. Delle une e degli altri Paolo VI era assolutamente consapevole, e parlando nell'udienza generale del 17 marzo 1965, quasi esattamente a un anno dall'introduzione della riforma, volle sottolineare che «il nuovo ordine dovrà essere diverso, e dovrà impedire e scuotere la passività dei fedeli presenti alla Santa Messa; prima bastava assistere, ora occorre partecipare; prima bastava la presenza, ora occorrono l'attenzione e l'azione; prima qualcuno poteva sonnecchiare e forse chiacchierare; ora no, deve ascoltare e pregare... Può darsi che questa ammirazione e questa specie di santa eccitazione si calmino e si distendano presto in una nuova tranquilla consuetudine. A che cosa non si abitua l'uomo? Ma è da credere che non verrà meno l'avvertenza della intensità religiosa che la nuova forma del rito reclama». Perciò, concluse Montini, «questa novità liturgica, questa rinascita spirituale, non può avvenire senza la vostra volonterosa e seria partecipazione».
Era vero allora, ed è vero oggi. Tant'è che qualche giorno fa papa Francesco ha ribadito che la Messa «non può essere ascoltata, come se noi fossimo solo spettatori di qualcosa che scivola via senza coinvolgerci», ma «è sempre celebrata, e non solo dal sacerdote che la presiede, ma da tutti i cristiani che la vivono». La costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium ha messo in luce in modo inequivocabile come «Cristo si rende presente nello Spirito Santo attraverso i segni sacramentali: da qui deriva per noi cristiani la necessità di partecipare ai divini misteri... Un cristianesimo senza liturgia, io oserei dire che forse è un cristianesimo senza Cristo. Perfino nel rito più spoglio, come quello che alcuni cristiani hanno celebrato e celebrano nei luoghi di prigionia, o nel nascondimento di una casa durante i tempi di persecuzione, Cristo si rende realmente presente e si dona ai suoi fedeli». Per questo, allora, «la Messa non può essere solo "ascoltata", è anche una espressione non giusta, "io vado ad ascoltare Messa", la Messa non può essere ascoltata, come se noi fossimo solo spettatori di qualcosa che scivola via senza coinvolgerci. La Messa è sempre celebrata, e non solo dal sacerdote che la presiede, ma da tutti i cristiani che la vivono. Il centro è Cristo!».
Così è la nostra stessa vita che deve «diventare culto a Dio... Questo pensiero ci aiuti a tutti quando si va a Messa la domenica: vado a pregare in comunità, vado a pregare con Cristo che è presente, quando andiamo alla celebrazione di un battesimo, per esempio. Cristo lì presente che battezza. "Ma, padre, questa è un'idea, un modo di dire"; no, non è un modo di dire: Cristo è presente, e nella liturgia tu preghi con Cristo accanto a te».
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